La prima ricetta del Barone di Ferro per il vino Chianti

Nel corso dell’800 la produzione di vino nel territorio del Chianti non poteva più rimanere legata unicamente ad un fattore locale e artigianale, la sua incidenza nei rapporti commerciali ormai ne aveva resa necessaria una classificazione, sia per poterne trattare lo scambio, sia per poterlo offrire e presentare ai consumatori.

Alla metà del secolo, il Barone Bettino Ricasoli lega indissolubilmente il suo nome al famoso vino prodotto in questa zona. Il più importante risultato, frutto delle sue esperienze, fu l’aver cercato e trovato la giusta mescolanza di varietà di uve per produrre quel vino di alta qualità.

Nel 1872 Ricasoli scrive “… mi confermai nei risultati già ottenuti nelle prime esperienze, cioè che il vino (Chianti) riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo (a cui io miro particolarmente) e una certa vigoria di sensazione; dal canajolo l’amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli niente del suo profumo per esserne pur esso dotato; la malvagia, della quale si potrebbe fare a meno per i vini destinati all’invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle due prime uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all’uso della tavola quotidiana”. Nasce così la prima “ricetta” del vino Chianti, che mette in evidenza la centralità del Sangiovese, il vitigno principe della zona.