I confini per la produzione del vino Chianti Classico
Nei secoli successivi la sua notorietà, anche al di fuori dei confini nazionali, cresce a tal punto da rendere via via più stringente l’esigenza di fissare regole e controlli per la commercializzazione.
Ed è così che il 24 settembre 1716 il Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici emana il bando con cui vengono fissati formalmente i confini per la produzione del vino Chianti, oggi Chianti Classico, andando a creare di fatto una delle prime denominazioni d’origine dell’era moderna. L’editto stabilisce una vera e propria mappatura geolocalizzata, molto simile a quelle che troviamo descritte nei disciplinari delle DOCG e DOC di oggi: vengono menzionate alcune località ben conosciute dagli amanti del Chianti Classico e allo stesso tempo sono indicati vincoli precisi, che non permettono di usare il nome Chianti per scambiare vini prodotti fuori dalla regione delimitata.
Presa della Bastiglia
La “ricetta” del Chianti Classico
Nonostante l’abbondanza di documenti, non conosciamo con esattezza quali varietà fossero all’epoca utilizzate e in che modo.
Sappiamo però che, a partire dalla seconda metà del ‘700, si intensificano sperimentazioni e ricerche su vitigni e vini, grazie anche agli studi della celebre Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze il 4 giugno 1753.
Un percorso simbolicamente compiuto nel 1872, anno a cui risale una lettera indirizzata al professore Cesare Studiati dell’Università di Pisa dal Barone Bettino Ricasoli, secondo Presidente del Consiglio dell’Italia Unita nel 1861. È la missiva che contiene quella passata alla storia come la cosiddetta “ricetta” del Chianti (Classico). Dopo aver a lungo testato varie opzioni produttive nella sua tenuta di Brolio, il “Barone di Ferro” conclude che i migliori risultati si ottengono con un uvaggio composto in maggioranza da Sangiovese, più una quota di Canaiolo. Infine un tocco di Malvasia Bianca, da utilizzare però soltanto sui vini di pronta beva, non destinati all’invecchiamento.
La formula prende rapidamente piede sul territorio, contribuendo a rafforzarne la riconoscibilità stilistica e commerciale.
L’epidemia di fillossera si diffonde in Italia
A causarla è la diffusione della fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), un insetto originario del Nordamerica che attacca le radici delle viti europee, facendole morire in breve tempo.
Il parassita viene individuato per la prima volta in Europa nel 1863 a Londra, presso le serre di Hammersmith, mentre la sua presenza è registrata nel Sud-Ovest della Francia nel 1868. Per l’Italia l’anno zero è il 1879, quando viene accertato un primo focolaio in Lombardia: di lì a poco si propaga ovunque, isole comprese. In Toscana la prima rilevazione certa risale al 1888 e nel 1931, a distanza di quasi cinquant’anni, la fillossera è ancora presente in 89 province (sulle 92 di allora).
La produzione di vino inesorabilmente crolla, in alcune zone sparirà per sempre. La strage dei vigneti prosegue inarrestabile, almeno fino a quando non si scopre in Francia la possibilità di innestare la parte aerea delle viti europee con l’apparato radicale dei ceppi americani, immuni dall’aggressione. Servirà tuttavia molto tempo per una piena ripresa del comparto.
Nasce il Consorzio per la difesa del Vino Tipico del Chianti e della sua Marca di Origine
La richiesta è talmente elevata che la produzione proveniente dall’area storica, quella delimitata nel 1716 dall’editto di Cosimo III de’ Medici, non basta a soddisfarla integralmente.
Ciò spinge un numero crescente di aziende regionali, e non solo, a commercializzare vini con la menzione “prodotto all’uso del Chianti”, nonostante siano realizzati con uve e mosti che non provengono dalla zona originale.
L’esigenza stringente di proteggere la propria specifica identità incoraggia quindi 33 viticoltori del territorio a mettersi insieme, per dare vita alla prima associazione di produttori vitivinicoli fondata in Italia. È il 14 maggio 1924 e nasce a Radda il Consorzio per la difesa del Vino Tipico del Chianti e della sua Marca di Origine, denominato dal 1968 Consorzio Vino Chianti Classico.
I fondatori si riconoscono fin da subito in un’icona a dir poco radicata nella memoria collettiva della comunità: è il leggendario Gallo Nero, storico simbolo dell’antica Lega Militare del Chianti. Un’immagine che diviene in brevissimo tempo il marchio per antonomasia dei vini del distretto, rappresentandone al meglio fierezza e blasone sui mercati nazionali ed internazionali.
Italo De Lucchi
…le motivazioni per cui sarebbe nel loro interesse acquistare i contrassegni del Gallo Nero da apporre sulle bottiglie. Una vera e propria lezione di marketing che anticipa i tempi e indica la strada maestra di una grande avventura collettiva.
Se il compratore non richiede la marca siamo noi che dobbiamo mandargliela, perché il circolare del nostro vino anche in zone vicine la diffonde e la fa nota a tutti coloro che ne vengono in contatto. Siano gli addetti ai trasporti, alla ferrovia, ai dazi e dogane, siano i più minuti consumatori, quelli stessi cui può venir dato in regalo il nostro vino, siano coloro che ne vengono in contatto anche soltanto visivo di mera curiosità, noi creiamo in essi una quantità di gratuiti agenti di pubblicità a nostro vantaggio… È assioma fondamentale della réclame che essa deve essere ripetuta, che il pubblico deve giungere a conoscere la esistenza di un prodotto e ad associarne istintivamente il nome con quello del suo produttore.
Il Decreto Ministeriale che delimita l’area di produzione del vino Chianti
La questione esplode definitivamente nel 1932, quando viene approvato un Decreto Ministeriale che delimita l’area di produzione del vino Chianti, interpretandola come “menzione enologica” e allargandola a gran parte della Toscana.La fiera determinazione delle aziende associate che si riconoscono nel simbolo del Gallo Nero permette tuttavia di ottenere un importante contrappeso. Viene infatti riconosciuto uno specifico status per i vini del territorio originario, quello compreso fra le province di Firenze e Siena indicato nell’editto del 1716. Ciò consente di distinguere i vini prodotti dalla zona storica rispetto a quelli provenienti da altri distretti: debutta ufficialmente la menzione “Chianti Classico”, che da allora tutela in via esclusiva i vini prodotti con uve coltivate secondo parametri di qualità all’interno dei confini geografici del Chianti.
Gino Sarrocchi
…una lettera al direttore de La Nazione, nella quale esprime la sua preoccupazione in merito ai possibili effetti di alcuni provvedimenti legislativi approvati nel precedente biennio. C’è infatti il rischio che il Chianti si possa proporre in zone sempre più estese come “Vino di lavorazione pregiata” e non come “Vino di produzione pregiata”, rendendo ancora meno riconoscibile il legame con la sua storica area di origine.
Luigi Ricasoli Firidolfi
…Marca di Origine a Radda in Chianti, sottolineando con forza l’orgoglio che unisce i produttori del Gallo Nero, chiamati con il loro lavoro ad alimentare storia e fama di uno fra i più nobili terroir del vino europeo.
La fillossera, la Seconda guerra mondiale e la terribile gelata del ’56
Dapprima la fase più critica legata all’epidemia di fillossera, poi lo scoppio della Seconda guerra mondiale, che coinvolge direttamente le campagne del Chianti nell’estate del 1944.
Senza dimenticare i tanti fattori che trasformano rapidamente il tessuto sociale negli anni ’50: il boom economico, i flussi migratori dalle aree rurali verso le grandi città industriali, il progressivo spopolamento delle campagne, l’abolizione della mezzadria, che per diversi secoli era stata centrale nel sistema agricolo della Toscana e del Chianti Classico.
E come se non bastasse, l’inverno del 1956 è funestato da una terribile gelata – iniziata il 1° febbraio e proseguita per settimane – che in molte regioni del Centro Italia devasta le tipiche coltivazioni mediterranee come l’ulivo e la vite. Per molti versi il momento più difficile, ma anche quello da cui il distretto riparte per una nuova straordinaria finestra di crescita: un po’ come l’ora più buia, che precede di qualche attimo il sorgere di un’alba radiosa.
Bettino Ricasoli
…alla legge di regolamentazione del settore vitivinicolo approvata nel 1932, che permetteva anche ai produttori esterni alla zona di origine di chiamare il proprio vino “Chianti”.
La resistenza dei viticoltori dell’area storica stava bloccando da oltre due decenni l’entrata in vigore del provvedimento che avrebbe tuttavia garantito prerogative importanti alla denominazione, come regole autonome per il Chianti Classico e il controllo diretto della loro applicazione sull’intera filiera.
L’istituzione della Denominazione di Origine Controllata (DOC)
Nonostante i tanti cambiamenti in corso, in questa fase il vino in Italia ha ancora una funzione più alimentare che edonistica.
Ciò comporta anche una forte segmentazione produttiva e commerciale: da una parte zone che puntano su grandi quantità vendute a basso prezzo, dall’altra distretti che per ragioni orografiche, geo-climatiche e agricole si identificano soprattutto con vini di pregio ad alto valore aggiunto.
È precisamente il caso del Chianti Classico, che vede accrescere ancora il suo prestigio sui mercati anche grazie all’istituzione della Denominazione di Origine Controllata (DOC) nel 1967. Un riconoscimento che dà ulteriore impulso allo sviluppo del comprensorio, creando i presupposti per la sua attuale configurazione: si amplia la piattaforma viticola e ampelografica, aumenta il numero delle aziende produttrici, alle cantine storiche del territorio si affiancano numerosi progetti innovativi.
Realtà anche molto diverse tra loro per dimensioni, collocazioni geografiche, ispirazioni stilistiche, che cooperano all’interno del Consorzio Vino Chianti Classico – così ridenominato nel 1968 – nel comune obiettivo di illuminare al meglio attraverso i propri vini la vocazione di un territorio unico al mondo.
La Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (DOCG)
La “promozione” da DOC a DOCG introduce ulteriori vincoli produttivi, molti dei quali già adottati dalle aziende del Gallo Nero, oltre che una significativa rimodulazione della base ampelografica.
Viene incrementata la percentuale minima e massima utilizzabile di Sangiovese (da 50-75% a 75-90%), così come si modifica la piattaforma delle varietà complementari: Canaiolo dal 5 al 10%, Trebbiano e Malvasia dal 2 al 5% (in precedenza dal 10 al 30%) e altri vitigni a bacca rossa “raccomandati o autorizzati” fino al 10%. Di questi fanno parte anche gli internazionali come Cabernet e Merlot, che entrano dunque per la prima volta ufficialmente nell’uvaggio del Chianti Classico, là dove l’originario disciplinare della DOC indicava per i complementari una quota massima del 5%, con preferenza per il Colorino.
Lapo Mazzei
La menzione “Chianti Classico” è riconosciuta come denominazione autonoma
…temporale è senza dubbio il 1996, ovvero l’anno in cui la menzione “Chianti Classico” è riconosciuta come denominazione autonoma.
Dopo decenni di battaglie, viene ufficialmente sancito per legge che il Chianti Classico non è una Sottozona del Chianti, bensì l’area originaria più antica tutelata da una DOCG indipendente. Ciò permette al Consorzio fondato nel 1924 di agire come organismo rappresentativo di tutte le realtà che operano nella denominazione e di proporre in autonomia modifiche relative ai protocolli di produzione.
Tra i cambiamenti più importanti introdotti dal nuovo disciplinare c’è quello che prevede la possibilità di rivendicare come Chianti Classico vini prodotti con uve Sangiovese al 100%. Un’opzione fino ad allora non consentita, dato che il Sangiovese doveva essere utilizzato obbligatoriamente in blend con altre varietà, autoctone e/o internazionali.
Gualtiero Armando Nunzi
Nel suo discorso di commiato ripercorre le diverse vicende che hanno accompagnato l’avventura associativa nei decenni passati, rivolgendo uno sguardo colmo di fiducia e speranza verso un futuro ricco di opportunità, prima di tutto grazie alla conquista dell’autonomia per la denominazione Chianti Classico.
Gherardo Ungarelli
…finire del secolo, con uno sguardo proiettato al nuovo millennio. Una vera e propria rivoluzione sociale e antropologica, che negli anni a seguire contribuirà a rendere sempre più centrali i territori, gli interpreti e i vini del Chianti Classico.
Carlo Maria Mascheroni
Vittorio Pozzesi
…un primo confronto con le Pubbliche Amministrazioni su una gestione virtuosa del territorio, trasversalmente condivisa fra le principali istituzioni comunali e provinciali.
Emanuela Stucchi Prinetti
…il ruolo trasversalmente riconosciuto al Chianti Classico Gallo Nero come distretto produttivo, ma anche e soprattutto come simbolo distintivo dell’identità nazionale.
Giovanni Ricasoli Firidolfi
…dell’Assemblea che sancisce la riunificazione fra Consorzio Vino Chianti Classico e Consorzio del Marchio Storico – Chianti Classico, ovvero le due strutture associative originatesi nel 1987 per effetto della separazione fra le funzioni di tutela-vigilanza e promozione-valorizzazione, stabilita dal Decreto Ministeriale del 13 marzo 1982.
Un anno chiave nella storia collettiva del Chianti Classico
…al Consorzio Vino Chianti Classico e quelle di promozione-valorizzazione al Consorzio del Gallo Nero (ridenominato Consorzio del Marchio Storico – Chianti Classico nel 1992).
La fusione determina una serie di novità, la più importante delle quali riguarda l’adozione del Gallo Nero come marchio ufficiale dell’intera denominazione e non più solo dei viticoltori facenti parte del Consorzio del Gallo Nero. Da quel momento in poi il simbolo contrassegna tutti i vini rivendicati attraverso la DOCG, comparendo su ogni bottiglia etichettata come Chianti Classico.La 2005 è anche l’ultima vendemmia che permette l’utilizzo dei vitigni a bacca bianca nell’uvaggio del Chianti Classico. Il Trebbiano e la Malvasia restano comunque protagoniste nella composizione del blend con cui si produce una delle tipologie più affascinanti e caratterizzate della rosa territoriale: il Vin Santo del Chianti Classico.
Marco Pallanti
…focus sulla Denominazione, disegnata anche da quel connubio saldatosi nei secoli tra le varietà tipiche del territorio e i suoi interpreti più ispirati. Un legame indissolubile, che si svela sempre più come speciale strumento di racconto di una straordinaria dimensione plurale.
La modifica del disciplinare che istituisce la Gran Selezione
…l’incarico erga omnes che gli permette di svolgere tutte le funzioni relative alle denominazioni di competenza (Chianti Classico e Vin Santo del Chianti Classico).
E si arriva così al 2014, quando viene approvata la modifica del disciplinare di produzione che istituisce la Gran Selezione. Per la prima volta nella legislazione vitivinicola italiana viene introdotta una nuova tipologia che si pone al vertice della piramide qualitativa del Gallo Nero, affiancandosi ai Chianti Classico Annata e Riserva. Essa identifica vini realizzati obbligatoriamente con uve di pertinenza aziendale (vigne in conduzione diretta, di proprietà o in affitto), commercializzati dopo non meno di 30 mesi di maturazione in cantina.
Sergio Zingarelli
…naturali, umani ed imprenditoriali che nel tempo ha plasmato e reso unico il territorio del Chianti Classico.
L’Assemblea dei Soci delibera l’adozione delle Unità Geografiche Aggiuntive (UGA)
La data da ricordare in questa prospettiva è senza dubbio quella del 16 giugno 2021, quando l’Assemblea dei Soci del Consorzio delibera l’adozione delle Unità Geografiche Aggiuntive (UGA).
Si tratta di aree produttive più specifiche delimitate ufficialmente all’interno di una Denominazione di Origine, che possono corrispondere a comuni, frazioni o altre zone amministrativamente riconosciute. Per la DOCG Chianti Classico al momento ne sono state individuate undici, in questa fase menzionabili esclusivamente da vini rivendicati attraverso la tipologia Gran Selezione. In ordine alfabetico: Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio, Vagliagli.
È il coronamento di un percorso eccezionale e al tempo stesso un nuovo stimolante punto di partenza. Un altro capitolo di una storia tutta da scrivere, diario di bordo nel meraviglioso viaggio alla scoperta dell’identità plurale del Chianti Classico e dei suoi inconfondibili vini.
100 anni di Consorzio Vino Chianti Classico
…indiscusso del sistema agricolo ed economico del Gallo Nero.
Tiene insieme 482 soci (di cui 345 imbottigliatori), che rappresentano oltre il 96% delle aziende operanti sul territorio. Un’area di oltre 70.000 ettari, circa il 60% del quale ricoperto da boschi (45.000 ettari), là dove la superficie vitata complessiva si aggira intorno ai 10.000 ettari, circa 7.000 dei quali idonei a produrre DOCG Chianti Classico, quota sovrapponibile a quella delle superficie coltivata a oliveto (poco meno di 6.950 ettari).
La produzione annua del decennio 2013/2022 oscilla tra i 255.000 e i 285.000 ettolitri, corrispondenti a 35-38 milioni di bottiglie commercializzate in oltre 160 Paesi del mondo. Gli Stati Uniti sono stabilmente il primo mercato con il 37% delle vendite, seguito dall’Italia col 19, dal Canada col 10, dal Regno Unito col 7 e dalla Germania col 6%.
Giovanni Manetti
Curata da Daniele Cernilli con la collaborazione di Paolo De Cristofaro, è la pubblicazione realizzata da Iniziative Speciali di Giunti Editore in occasione delle celebrazioni per il centenario della fondazione del Consorzio per la Difesa del Vino Tipico del Chianti e della sua Marca di Origine.